
In memoria di Ambrogio Cozzi
Ambrogio Cozzi, scomparso prematuramente nel 2022, è stato psicoanalista e clinico di grande esperienza, docente IRPA fino al 2021. Autore di numerose pubblicazioni, in particolare nel campo della disabilità intellettiva, lo ricordiamo con stima e affetto.
Un ricordo di Angelo Villa
Inutile dire quanto le parole siano in affanno di fronte alla morte di un caro amico e collega, specie quando la scomparsa viene dopo una lunga, atroce agonia protrattasi per mesi e mesi.
La lama gelida della perdita taglia via pezzi di tempo che sono pezzi di memoria, di cose, di carne. Non sono così certo che il lutto implichi un lavoro e non una presa d’atto che è solo un’azione inevitabile le cui risonanze vanno ben oltre quel che c’è da comprendere, vale a dire niente.
Ricordo l’ultima volta che ho incontrato Ambrogio, era a Rho, in un bar. Si chiacchierava, lui parlava del corso che intendeva fare all’Irpa, i temi che voleva trattare. Una tosse ostinata interrompeva talvolta le sue parole. Sarà stato un colpo d’aria, qualche sigaretta in più, ma purtroppo non era così. Ho rivisto Ambrogio quando tenevo in mano un blocchetto su cui scriveva quello che non riusciva più a dire o, quando, sorridendo a stento, in montagna, pareva l’umile ombra di sé stesso, ma allora c’era ancora speranza, una speranza…
La mia amicizia con Ambrogio data dai tempi, ormai remoti, di quando si lavorava nella pubblica istituzione. Era un legame nato sotto il segno di un’istintiva complicità, quella di chi cercava un pensiero che si sottraesse alle logiche stantie dei servizi, ma fosse curioso d’altro, della psicoanalisi , ma non solo. In quel tempo iniziò un’analisi con Carlo Viganò, che lavorava con me, e collaborava con l’università a Padova.
Ma i suoi interessi lo spingevano sempre più in là. Ambrogio ha sempre letto tantissimo. Sorridendo gli dicevo che era il mio bibliotecario, lui si scherniva, ma quando non ricordavo il titolo di un libro, abbiamo condiviso un sacco di romanzi e di letteratura, chiedevo a lui e sapeva sempre l’indicazione giusta. Mi divertivo quando accennavo a un libro che lui non aveva letto. Ne soffriva e vedeva subito di rimediare, la volta successiva. Come se non riuscisse a sopportare quello smacco. Era curioso, voleva sapere, conoscere, interrogare criticamente. Insaziabile, in questo.
Ho avuto la netta percezione che le cose stessero precipitando quando sua moglie, grandissima donna, mi disse che non aveva più voglia di leggere, che non gli interessava più, che non mi chiedeva: “Hai letto qualcosa di interessante?” .
Poi ci sono tanti ricordi di momenti trascorsi insieme, i progetti realizzati e quelli immaginati, le lacerazioni e i conflitti del nostro ambito psicoanalitico, la sua generosa umanità nel bisogno e , ancora, la val Vigezzo, le risate e tutte quelle cose attraverso la quale passa la vita e insieme alla vita passiamo noi. Ora, sono più solo. Non potrò più chiamarlo per dire “sai che….” o “cosa ne dici di…” , fosse anche per commentare, io che non ne capisco nulla, una partita di calcio o ….
Il comune amore per la letteratura mi ha fatto immaginare che mi, ci parlasse attraverso una poesia di commiato, quella di Giorgio Caproni,
“Congedo del viaggiatore cerimonioso”, di cui cito i passi finali:
Congedo alla sapienza
e congedo all’amore.
Congedo anche alla religione.
Ormai sono a destinazione.
Ora che piú forte sento
stridere il freno, vi lascio
davvero, amici. Addio.
Di questo, sono certo: io
son giunto alla disperazione
calma, senza sgomento.
Scendo. Buon proseguimento.