Skip to main content

In memoria di Chiara Oggionni

Milano 22/05/1960 - Milano 16/06/2016


Un ricordo di Francesco Giglio

È passato del tempo da quando eri con noi, e il tempo, se allontana il dolore, non cancella la nostalgia, il ricordo, i segni lasciati nel nostro passaggio. Averti conosciuta, aver lavorato insieme a te è stato un privilegio, un onore e un piacere del quale essere grati. Il rammarico di non averti frequentata abbastanza e il rimpianto per averti poi perduta troppo presto, convive con la gratitudine per aver condiviso un considerevole tratto di vita, fatto di tanti momenti differenti, frammenti di rigoroso impegno professionale e piacevolissimi, scanzonati, intervalli informali.

Ricordo più di venti anni fa la tua “militanza” psicoanalitica e il tuo intenso lavoro nel laboratorio di costruzione dei casi clinici per gli psichiatri in formazione presso il Policlinico. Eri insieme a Carlo Viganò, e fa un po’ sorridere immaginarvi da qualche parte a discutere e portare avanti laboratori clinici in cielo. Ci ha poi ancor più avvicinato la scelta comune di percorrere assieme le strade aperte da Massimo Recalcati: Jonas, IRPA, le associazioni psicoanalitiche.

Sono passati molti giorni da quando un destino orribile ti ha strappata prematuramente alla vita, conservo però ben presenti con me alcune tue tracce, in primo luogo il colore dei tuoi occhi, azzurri, chiari come il tuo nome, il tuo sguardo incisivo, imprendibile, aperto. Uno sguardo, al tempo stesso vicino e lontano che brilla in chi pur avendone viste tante non si è fatto piegare dal dolore, un luccichio capace di segnalare la presenza di chi sa ascoltare davvero e, al tempo stesso, la distanza di chi ha sofferto, di chi il dolore lo ha incontrato e ha saputo farne qualcosa di importante per sé e per gli altri.

È uno sguardo che accomuna gli psicoanalisti più sensibili, per me i migliori, era il tuo sguardo. Uno sguardo capace pure di mutare rapidamente dal triste al bello, di ridere, di apprezzare la vita, lo specchio di una serietà giocosa. L’ironia è l’altro tuo tratto così incantevole e ora mancante, la capacità di coniugare rigore e gioco, la disponibilità a non prendersi mai troppo sul serio, ancora risuona in me la tua risata cristallina in risposta alla mia presa in giro per il titolo tragico, “Madre di morte”, che avevi dato al tuo intervento al convegno Jonas di Venezia.

È poi indimenticabile la tua forza, il coraggio con cui hai affrontato la malattia conservando la tua bellezza, la femminilità, la cura del dettaglio e il rifiuto di rassegnarti supinamente alla notte incombente. Cara Chiara, siamo andati avanti ma non ti abbiamo mai dimenticata. Abbiamo dato il tuo nome prima al nostro Fondo Sociale e da quest’anno al Dipartimento Clinico della nostra nuova sede IRPA di Ancona. Se da qualche porte puoi vederci immagino un sorriso dolce dipingersi sul tuo volto.

Quel che resta di una vita è solo il segno dell’amore donato, il resto si perde, ricchezza, sapienza diventano nulla, è la tesi di San Giovanni della Croce, “Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore”, e cara Chiara siamo testimoni di alcuni semi dell’amore che ci hai lasciato e che non smettono di fruttificare.